Nei dettagli nascosto

3 Maggio 2021
– Nei dettagli nascosto

Maggio: la raffigurazione dei mesi nella Diocesi di Albenga-Imperia

Una delle iconografie più frequenti per Maggio è quella di un nobile, sovente ritratto a cavallo e quasi sempre accompagnato da un falcone appoggiato sul braccio.  Nella sua declinazione agreste il mese può essere invece un contadino che sta riposando o è intento a falciare l’erba, il fieno, oppure un giovane vestito di verde e ghirlandato con frutti e fiori. Il segno suo zodiacale sono i Gemelli[1].

Sull’etimologia del nome sia il Cardinal Durand de Mende che il Ripa risalgono al mito delle origini di Roma e alla suddivisione del suo popolo ad opera di Romolo[2] . Una particolare valenza assume anche l’interpretazione del segno dei Gemelli, che riconduce alle caratteristiche di piena primavera del mese; infatti, sotto il calore del sole, vedono alla luce i frutti nascosti nel ventre degli animali o della terra durante l’inverno: “Il segno di Gemini ci mostra, che in questo mese la forza del Sole si raddoppia, & le cose si raddoppiano, cioè si moltiplicano, perciò che gl’animali partoriscono”[3].

Nell’immaginario medievale Maggio è però soprattutto il mese che si identifica con i gentiluomini che si dedicano ai loro svaghi preferiti: le cavalcate, la caccia, i giochi ed il corteggiamento delle dame[4]. Si discosta quindi dalle iconografie ispirate alle occupazioni del mondo agropastorale. Questa peculiarità sembra trarre origine dalle mutate condizioni sociali, politiche dell’Europa medievale rispetto al mondo romano; fra le altre cose si verifica lo slittamento dei fulcri di potere verso le zone centro settentrionali del continente e nei conflitti armati si afferma la cavalleria. Per i Romani il mese dedicato alla guerra era marzo, successivamente l’inizio delle attività belliche si sposta invece a maggio, poiché i cavalli hanno necessità di erba, che a nord si trova in abbondanza in primavera inoltrata; nel mondo carolingio le assemblee annuali degli armati erano infatti chiamate Campi di maggio[5]. Se Maggio è il mese della guerra per eccellenza, è però anche inevitabilmente quello dell’aristocrazia, la classe sociale che nel Medioevo con essa si identifica e per secoli le uniche occupazioni ritenute degne per la nobiltà, oltre ovviamente l’esercizio delle armi, sono i tornei – guerre figurate – la caccia, le cavalcate, gli svaghi galanti. Ed ecco dunque Maggio impersonato da un giovane cavaliere a caccia con il falcone o da un gentiluomo, ritratto in posa galante, mentre tiene in mano un fiore con cui omaggiare la dama.

In questa percezione del Maggio gioioso e festante, in cui si celebrano il rivivere della natura e il trionfo della fecondità, si celano anche aspetti vitalistici e sfrenati, legati ad antichi riti primaverili, che sono stati progressivamente incanalati dalla Chiesa – insieme all’omaggio floreale – verso il culto mariano, giungendo nel XVIII secolo a fare di Maggio il mese della Madonna e della rosa il simbolo mariano[6].

I riti folklorici legati al mese, le cui radici affondano nel mondo vegetale, sono numerosi e spesso si riflettono anche nelle sue iconografie[7]. Ad esempio, si teneva una gara rituale il cui vincitore veniva dichiarato “Re di Maggio”. Tale uso può ritrovarsi nel gentiluomo che caccia o che, sempre a cavallo, impugna un fiore, oppure nel giovane incoronato da ghirlande vegetali.

Un’ulteriore tradizione particolarmente diffusa era il “Piantare Maggio”: i giovani si recavano nel bosco, recidevano un albero e lo portavano nel paese, collocandolo spesso in un luogo centrale per tutta la comunità[8]. In scala ridotta, ma sempre con un forte significato propiziatorio della fecondità, era l’usanza di mettere un ramo fiorito o ornato di doni di fronte alla porta fanciulla amata. Questi aspetti hanno un loro corrispettivo iconografico nella frequente presenza di alberi fioriti che accompagnano la personificazione del mese o anche nel fiore che il giovane galante porge alla dama.

Altra consuetudine molto importante era il “Cantare Maggio”: i cosiddetti maggianti andavano di casa in casa ricevendo doni, cantando  il Maggio per favorirne l’arrivo. Anche questa pratica è stata nel tempo sacralizzata: si canta sempre, accompagnando però i rami fioriti con immagini sacre e si ricevono offerte. Ciò si riverbera nelle immagini di Maggio ove compaiono giovani accompagnati da suonatori[9].

Nella nostra Diocesi le personificazioni di Maggio giunte integre sino a noi – Calderara e Diano Castello – raffigurano entrambe un elegante cavaliere. A Rezzo del mese rimane solo qualche frammento poco comprensibile, mentre a Ranzo è totalmente coperto dal pilastro eretto al momento della costruzione del nuovo tetto; tale perdita, dato che questi ultimi due cicli sono entrambi dovuti alla mano del “Maestro di San Pantaleo”, ci sottrae una probabile chiave di lettura per chiarire gli scarsi tratti di Rezzo.

È interessante notare come, anche in una piccola comunità rurale quale Calderara, non ci si sottragga alle convenzioni figurative, infatti la rappresentazione di Maggio, invece che dalla sfera del lavoro, del quotidiano, trae spunto da un’immagine stereotipata del mondo aristocratico-cortese: il giovane cavaliere intento alla caccia con il falcone[10].

Il “Maestro di Bastia” conferisce alle sue figure una discreta caratterizzazione psicologica: il volto dell’aristocratico ha l’espressione sognante di chi sta godendo dei piaceri della vita, lo sguardo è invece quello del cacciatore, attento, rivolto verso l’alto alla ricerca di qualche preda che non deve sfuggire[11]. Anche la composizione, in cui il cavallo si lancia impetuosamente in avanti e il viso del cavaliere è proteso di fronte a sé, sembra riflettere il senso della vita che rinasce, lo slancio della gioventù, la speranza per il futuro. L’aria sembra giocare fra le ciocce dei lunghi capelli del nobiluomo, assecondando l’impressione di libertà e di leggerezza.

Il pittore aggiunge poi un tocco di delicata raffinatezza: la verde chioma dell’albero raffigurato di fronte al gentiluomo, a simboleggiare la natura in fiore, è tutta fittamente picchiettata di bianco. La presenza di un albero fiorito di fronte alla figura di Maggio richiama la tradizione di “Piantare Maggio” e riecheggia anche l’usanza del ramo fiorito posto di fronte alla dimora della giovane, corteggiamento e promessa di fertilità[12].

Il frescante, per riuscire a contenere nella tabula sia il cavaliere sia la cavalcatura, oltre a ritrarre quest’ultima lievemente sottodimensionata rispetto all’uomo, la raffigura con le zampe piegate, ottenendo al contempo un effetto di forte dinamicità della composizione.

 Anche a Diano Castello Maggio è un elegante cacciatore, ma la scena è qui più statica, il gentiluomo è tranquillo, sembra avere piacere di cavalcare splendidamente vestito nell’aria serena della primavera inoltrata, il volto è calmo e lo sguardo pare quasi dialogare con il falco che l’uomo regge in mano, il rapace stesso è placidamente rivolto verso il proprio padrone.

Anche il cavallo è parimenti tranquillo e procede al passo nella sua squillante bardatura rossa. Lo stesso colore ricco e festante ritorna nell’abbigliamento del cavaliere, precisamente nel pesante cappello dal bordo rialzato e nella calzabraca che copre la gamba sino al piede saldamente poggiato sulla staffa.  L’aristocratico è un uomo elegante e il suo abito esprime ricercatezza e ricchezza, infatti, attillato sul busto e stretto in vita, si allarga poi in elaborate e profonde pieghe, che, a rievocare pizzi e ricami, si increspano in linee ondulate. Tutto deve suggerire la gioia di vivere, lo splendore, l’agiatezza; un sogno di fronte alle inevitabili durezze della vita.

Le proporzioni dei personaggi ritratti sulle tavolette sono, come già sottolineato, non realistiche. Per ospitare all’interno dell’arcata cavallo e cavaliere se ne falsano i rapporti e la parte superiore del corpo dell’uomo è preponderante rispetto a quella inferiore e alla cavalcatura stessa. Alla ricerca dell’illusione spaziale la scenetta sembra uscire dal suo spazio deputato, infatti la coda del cavallo è dipinta sopra la colonna di destra. Riusciamo oggi anche a cogliere l’operato del pittore che prima ha realizzato l’architettura e dopo la figura come rivela il trasparire del contorno della colonna sotto la coda dell’animale.   

Come già ricordato, del Maggio di Rezzo resta solo un particolare incomprensibile, talmente piccolo che difficilmente si può tentare l’identificazione del soggetto. L’unico elemento sicuramente riconoscibile è un cespuglio che occupa parte dello sfondo e mostra caratteri identici a quelli dell’arbusto raffigurato nel Novembre di Ranzo, ulteriore conferma dell’identità di mano fra i due cicli.

[Testo di Anna Marchini]

Bibliografia

Bozzo G., La decorazione pittorica del chiostro dei canonici fra XII e XIII secolo, in La cattedrale di Genova nel Medioevo. Secoli VI-XIV, C. Di Fabio curat., Genova 1998.

Cardini F., Il libro delle feste, Ventimiglia 2003.

Di Fabio C., La cattedrale di Genova nel Medioevo. Secoli VI-XIV, Genova 1998.

Durand de Mende G., Rationale divinorum officiorum, Napoli 1859.

Giardelli P. Il cerchio del tempo. Le tradizioni popolari dei Liguri, Genova 1991.

Hall J., Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano 2002.

Mâle E., Le origini del gotico. L’iconografia medioevale e le sue fonti, tr. it., Milano 1986.

Marchini A. 2020,Tre Cicli dei Mesi nel Ponente ligure fra XIV e XV secolo, in corso di stampa.

Marchini A. 2016, Il soffitto della chiesa di San Giovanni Battista, in Diano Castello. Arte, storia, cultura e tradizioni di un borgo ligure, a cura di D. Gandolfi, A. Sista, Diano Castello, pp. 229-232.

Marchini A. 2005-2006, I cicli dei Mesi  a Calderara e a Rezzo: problemi artistici e iconografici, in “Bollettino di Villaregia”, nn. XVI-XVII, 2005-2006, pp. 85-124.

Ripa C., Iconologia, Milano 2005.

Šebesta G. 1996, Il lavoro dell’uomo nel ciclo dei Mesi di Torre Aquila, Provincia Autonoma di Trento, Dipartimento Cultura Servizio Beni Culturali, Castello del Buonconsiglio.


[1] Hall 2002, p. 143. Ripa (ed. 2005), p. 276: “Giovane vestito di color verde ricamato di varij fiori, come d’essi, parimente haverà in capo una ghirlanda, terrà con la destra mano i Gemini, i quali saranno circondati di rose bianche, rosse & vermiglie, con la sinistra una bella cestella piena di cerase, piselli, fragole, uva spina, & altri frutti che in detto mese nascono, ovvero si ritrovano.  Ripa (ed.2005), p. 282: “ In questo mese (secondo che narra Palladio nel libro sesto de re rustica) si segano i fieni: onde ragionevolmente si potrà dipingere per il mese di Maggio un contadino giovane, che stia in mezzo d’un campo pieno di verdura, co ambe le mani tenga una falce fenara & con bella dispositione mostri di segare il fieno”.  

[2] Durand de Mende (ed. 1859), p. 733: “ Majus a maioribus natu dicitur, qui erant principes reipublicae, vel a Maja matre Mercurii”. Ripa (ed. 2005), p. 276: “E’ chiamato questo mese Maggio dalli latini à Maioribus, perche havendo Romolo distribuito il Popolo Romano in due parti, cioè in maggiore e minore ò vogliamo dire giovani e vecchi, che quelli con l’armi, & questi con il consiglio governassero la Rep., in honor dell’una Maggio & il seguente Giugno in honor dell’altra, onde Ovidio. Hinc sua Maiores tribuere  vocabula Maio/Iunius à Iuvenum nomine dictus adest”.

[3] Ripa (ed. 2005, p. 276); Durand de Mende (ed. 1859), p. 728: “Tertiuim Gemini, sic dicitur quia illo tempore vis solis germinautr; incipit enim esse calidus et siccus effective, vel quia tunc praecipue res germinantur, idest multiplicantur, aves enim et animalia foetus productunt; vel propter geminos, sive duos gradus, quibus sub illo signo magis, quam sub alio sol elevatur a terra. Antiqui autem hoc signum Gemini vocaverunt propter Castorem et Pollucem, quos post mortem inter notissima sidera constituerunt”.

[4]Mâle 1986, p. 84.

[5] cardini 2003, pp. 227-230.

[6] Maggio quale mese celebrativo della castità si riallaccia ad antiche tradizioni del mondo romano, quando era considerato tempo infausto per le nozze; si riteneva infatti che le anime dei morti in questo periodo vagassero, tanto che per placarle era uso offrire loro fave. Ovidio riporta che la sposa, che avesse contratto matrimonio in maggio, sarebbe morta entro l’anno.  giardelli 1991, pp. 177; cardini 2003, pp. 230- 231.

[7] Sui riti folklorici legati a Maggio vedi Giardelli 1991, pp. 177-200.   

[8] A tal proposito si ricorda in Liguria la Festa della Barca che si celebra a Baiardo la domenica di Pentecoste.

[9] Si pensi al Maggio musicale fiorentino, che si lega all’antica tradizione del Cantare Maggio. A Genova, nel Ciclo dei Mesi del chiostro dei canonici di S. Lorenzo, Maggio è accompagnato da un gruppo di suonatori, bozzo 1998, p. 203.

[10] Le seguenti considerazioni sono tratte da Marchini 2005-2006, con relativa bibliografia. Vedi anche Marchini 2016, e Marchini 2020 in corso di stampa, con relative bibliografie.

[11] Nonostante la minuziosa resa di alcuni particolari, sia a Calderara sia a Diano Castello non viene ritratto il guanto che copriva la mano su cui si appoggiava il falcone. Sulla caccia in età antica e medievale, v. Šebesta 1996, pp. 33- 48.

[12] Giardelli 1991 pp. 177-196.